Arenile, la confusione regna nel palazzo comunale

La vicenda chioschi di spiaggia sta diventando ogni giorno più intricata e assume il peso di una debacle per l’amministrazione comunale e, purtroppo, per tutta Bellaria Igea Marina. Ottopagine non appartiene a nessun partito e non fa certo il tifo perché le cose vadano male. Anzi, nel nostro piccolo, usiamo la riflessione e a volte la critica per stimolare, non certo per buttare fango su chi amministra. Vorremo quindi che le questioni che investono temi rilevanti della comunità potessero avere sbocchi positivi. Dobbiamo invece, a malincuore, registrare uno scenario ben diverso. La gestione della spiaggia infatti sta sfuggendo di mano sia alla buona amministrazione che al buon senso, con degli uffici e una giunta che danno l’impressione di non sapere più che pesce pigliare: regna la confusione.

L’esempio evidente sono le “Linee guida in materia di attività di somministrazione di alimenti e bevande sull’arenile” approvate recentemente con la delibera di giunta comunale n.96. Un pasticcio. Una pezza peggiore del buco prodotto. Vediamo perché (ci scusiamo per essere troppo dettagliati, ma non c’è alternativa per districarsi un po’):

Prima di tutto la forma. Gli indirizzi (o linee guida) della Giunta hanno giuridicamente valore zero. Sono solo delle tracce che non fanno altro che ripetere le procedure che gli uffici intendono assumere. Di fatto una cornice che non serve a nulla, soprattutto se il quadro che contiene è un copi-e-incolla

Sempre parlando di forma occorrerebbe bene essere più sobri, evitando inutili riferimenti a norme generali che spesso, rispetto all’oggetto in questione, sono altro. Ciò aiuterebbe a far capire a chiunque il contenuto preciso del testo e, di conseguenza, come il cittadino interessato debba comportarsi. Inoltre sarebbe più facile per tutti comprendere le reali intenzioni di chi amministra.

Nel merito: mentre da una parte si riconosce l’importanza del servizio delle strutture chiosco-bar collocate sull’arenile e si conferma che sono perlopiù datate, in gran parte costruite negli anni ’50 con successivi ampliamenti e modifiche, dall’altra si ricorda che : sono in corso accertamenti da parte di organi di Polizia Giudiziaria, che hanno fatto emergere situazioni di irregolarità di varia natura, a cui hanno fatto seguito necessariamente ulteriori accertamenti e provvedimenti da parte degli uffici comunali.”, con la sospensione immediata dell’attività. I cui motivi sono riconducibili alla non “regolarità delle strutture da un punto di vista statico e/o sismico”. Insomma, è in pericolo l’incolumità pubblicaSiamo al paradosso. I chioschi sono strutture nate negli anni ’50 (ben prima dunque della normativa antisismica che prende forma e si sviluppa negli anni ’80), hanno ricevuto ogni anno la concessione comunale, con modifiche e ampliamenti nella gran parte dei casi autorizzati, ma, dopo che qualcuno di essi ha ricevuto un controllo della Guardia di Finanza, siamo al panico del comune; scoprono, oggi, che manca il requisito sismico e che in alcuni casi ci sono parti precarie non regolari su delle strutture che sono lì, si noti bene, da anni e anni.

Come fare? Si domandano. E qui si va nel pallone, strologando tortuose strade che purtroppo, vorremmo sbagliarci, non risolvono un bel nulla, ingigantendo un problema che potrebbe essere di più facile soluzione. Infatti si richiede al proprietario del chiosco-bar e al tecnico incarico la “Certificazione di idoneità statica e/o sismica del manufatto e delle sue eventuali strutture accessorie” con l’attestazione che non esistono rischi per la pubblica e privata incolumità.  Tenuto conto, come si diceva, che i chioschi sono stati costruiti ben prima della nuova normativa antisismica, si reclama oggi una dichiarazione che è di fatto impossibile per le strutture esistenti. Sarebbe come chiedere ai bagnini che hanno ancora le vecchie cabine di fare un eguale dichiarazione di congruità statica e sismica. Non aprirebbe nessuno. Stessa cosa per gli alberghi nati prima del 1980, cioè quasi tutti.

Tutti sanno, compreso il comune, che le cose stanno in questo modo, come si cerca quindi di uscire dall’evidente cul-de-sac? Con una soluzione altrettanto inutile. Da presa in giro. Nelle Linee Guida si fa riferimento alla legge regionale che disciplina l’attività edilizia di opere temporanee e stagionali. Ci si aggrappa a quella normativa nata per altre finalità, come per esempio il poter realizzare durante fiere, eventi, sagre ecc., opere dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee (gazebo, stand, giostre varie, chioschi movibili ecc.). Ma i chiosco-bar non possono essere trattati come una struttura temporanea, contingente, eretta per pochi giorni (max tre mesi). E’ da oltre cinquant’anni che sono sull’arenile e svolgono un servizio di pubblico interesse. Insomma, senza andare oltre, siamo nella confusione amministrativa e tecnica.

Domandiamo: non sarebbe più semplice la via maestra? Ovvero, una delibera di consiglio comunale che aggiorni il Piano dell’Arenile del 2014 con la previsione, nelle Norme transitorie e finale (art.20), di codificare lo stato di fatto per i fabbricati esistenti fino a quando non partono i progetti di riqualificazione. Ci si muoverebbe su una strada di buon senso e anche di robustezza giuridica. La pianificazione territoriale e la normativa edilizia spetta al Consiglio. E’ in quella sede che vanno trovate le soluzioni, magari concertando con la Regione un percorso che consenta a tutti i servizi di spiaggia, bagnini compresi, di non trovarsi, dopo decenni di attività, ad essere considerati precari e pericolosi per l’incolumità pubblica.