MAURIZIO GARUTI Ed. Minerva
La storia racunteda te rumanz l’è un segret tramandè in tla mi fameia . . . ades dop tant an penche sia l’oura ad dei tot la verità che ha so. ( Bruno ad Dacòrd fiol de cuntadein de fond Santa Maria del Roncolo de Bosc Tenuta dei Conti del Gualdo
Maurizio Garuti ci propone nel suo Il segreto della cavallina storna, uno spaccato inedito dell’assassinio di Ruggero Pascoli, il padre di Giovanni. “ Un altra verità sull’omicidio Pascoli” come recita il sottotitolo. L’autore veste i panni di un bambino di 11 anni, Mario e racconta su fatti raccolti dalla testimonianza di Bruno della famiglia soprannominata dei Dacòrd, che svela un segreto tenuto lungamente nascosto all’interno della sua famiglia.
Il bambino si improvvisa detective e gradualmente mette in fila le tessere dei fatti che lo conducono ad un evento sconvolgente che aveva coinvolto il trisnonno Silvestro, nato nel 1820 e morto all’inizio del ‘900. Silvestro veniva sempre ricordato nella preghiera per i defunti era “come se le conseguenze dei suoi atti ricadessero un po’ sulle generazioni che si erano succedute lungo quasi un secolo”. Mario riesce finalmente a strappare alla madre cosa aveva fatto il trisnonno, “Sembra che Silvestro abbia ucciso un uomo”. Ulteriori indagini nel cimitero di San Giovanni in Compito, lo portano sulla tomba dell’antenato dove legge “ Silvestro Manfredi, detto Dacòrd, nato il 7 luglio 1829, morto il 9 dicembre 1912.
Mario diviene sempre più legato al nonno Monaldo, ultranovantenne e invalido, testimone di un mondo che ormai va perdendosi e che osserva con occhio disincantato seduto sul seggiolone e agli occhi del bambino appare come una divinità. Ne diventa una sorta di tutore quando i diversi componenti della famiglia patriarcale hanno ormai i loro pensieri rivolti alla “città”.
Il nonno rivela a Mario il segreto che la sua famiglia teneva custodito dal 1867 quando Ruggero Pascoli venne assassinato, il 10 agosto. La madre del nonno che al tempo aveva 29 anni, confessò al marito Silvestro che era successo “qualcosa di molto brutto”.
Non aggiungiamo altro alla trama per lasciare all’eventuale lettore il piacere del finale.
L’ambiente, descritto nel romanzo, è quello della campagna di Savignano e siamo nel 1958 in una fase di trapasso dalla civiltà contadina alla nascente industrializzazione italiana. Il bambino protagonista vive nel mito della morte di Ruggero Pascoli, come lo apprende a scuola raccontato con enfasi dalla maestra e cantato da Giovanni nella famosa poesia de La cavallina storna; e la cruda realtà del segreto del delitto, come veniva misteriosamente tramandato all’interno della famiglia.
Garuti è bravo a creare pagina dopo pagina una suspense che invoglia il lettore a proseguire nella suggestiva atmosfera dello svelamento. Coinvolgente anche la tradizione che lo scrittore ci offre della vita contadina ancora presente nelle nostre campagne negli anni ’50 del ‘900. La veglia nella stalla nelle lunghe sere invernali, mentre si chiacchiera, si gioca a carte, si fila e i bambini giocano nella paglia. Le angherie del fattore che occhiuto verificava l’andamento del lavoro della famiglia di mezzadri, il lavoro dei campi con i suoi ritmi stagionali, la famiglia patriarcale che sotto l’occhio vigile del nonno patriarca si estendeva alla pletora di figli, nuore e nipoti.
Stefano Balestri