Viviamo in un universo simulato?

(L’articolo apparso su Repubblica è talmente sconvolgente, intrigante e provocatorio che abbiamo deciso di inserirlo su Ottopagine)

L’indiscrezione dal New Yorker: l’ipotesi è molto discussa. E mentre Bank of America sostiene l’interpretazione, ora c’è chi paga gli scienziati per indagare la tesi del videogame planetario –

SIMONE COSIMI  [Repubblica del 7 ottobre 2016]

All’inizio dell’anno Elon Musk, visionario fondatore di Tesla e di Space X con cui vuole portarci su Marte nel giro di un paio d’anni, ha spiegato una delle sue tante tesi sul presente e sul futuro. Nello specifico, quella della simulazione. E cioè la convinzione che stiamo vivendo all’interno di una realtà completamente simulata e costruita da potenti computer, come nel film Matrix. La possibilità che non sia così è “una su miliardi”. Uno penserebbe l’opposto, che sia cioè una su miliardi la possibilità che sia vero. E invece la tesi sostiene il contrario, ovvero che la possibilità che il nostro Universo sia una simulazione sarebbe difficile da smentire.

Il punto di partenza è la rapidità dell’avanzamento delle proprietà informatiche: così veloce e massiccia che in un futuro prossimo le menti artificiali potranno divenire indistinguibili da quelle reali e umani. Proprio per questo, qui il pivot della tesi, non c’è dunque alcuna ragione per non pensare che un quadro simile non sia già avvenuto in passato e che, come nella neurosimulazione interattiva della saga di Matrix, ci stiamo già dentro fino al collo. È una tesi non nuova, che muove da un chiacchierato studio di una dozzina di anni fa firmato dal filosofo Nick Bostrom dell’università di Oxford e ripreso più volte, per esempio dall’astrofisico statunitense Neil deGrasse Tyson, che ha esteso la teoria all’intero universo.

La pressione e la popolarità di questa ipotesi, suggestiva e raggelante, è talmente elevata che sembra divenuta la nuova mania della Silicon Valley. Secondo un servizio pubblicato sul New Yorker da Tad Friend, “la tesi della simulazione sta ossessionando molte persone” nell’epicentro dell’innovazione mondiale. Tanto che due miliardari attivi proprio nel mondo della tecnologia, di cui non vengono tuttavia fatti i nomi, avrebbero già segretamente finanziato gruppi di scienziati in grado di condurci al di fuori di questa realtà artificiale. Starebbero cioè pagando ricerche per individuare il modo di rompere le barriere della “matrice”, tanto per rimanere dalle parti dei film degli (ex) fratelli Wachowski. Nel pezzo Friend stila un profilo di Sam Altman, capo del potente fondo di venture capital Y Combinator. Non sembra alludere ad Altman come indiziato principale ma certo l’allusione è significativa.

Anche la Bank of America, in un rapporto del mese scorso, ha sposato la tesi sostenendo che le possibilità che ci ritroviamo in una clamorosa messinscena frutto di un futuro già avvenuto possa darsi probabile in una forchetta fra il 20 e il 50%. Almeno, questa è la media delle convinzioni di molti esperti, filosofi e futurologi. Com’è evidente siamo dalle parti del cinema e dei più cupi romanzi di fantascienza del passato: “È possibile che grazie agli avanzamenti dell’intelligenza artificiale, della realtà virtuale e della potenza di calcolo i membri di future civiltà abbiamo deciso di avviare una simulazione dei loro antenati” si legge nel rapporto, che sfiora i complottismi interplanetari. Eppure c’è qualcuno, forse lo stesso Musk, che ha iniziato a foraggiare un canale di ricerca parallelo e segretissimo che punterebbe a incrinare quel vetro, semmai esistesse.

L’incontro in cui deGrasse Tyson ha discusso della teoria, che in sostanza ci vedrebbe tutti quanti come personaggi di un gigantesco videogame, è avvenuto la scorsa primavera. Si trattava non a caso dell’Isaac Asimov Memorial Debate al Museo di storia naturale di New York, dove l’astrofisico dirige l’Hayden Planetarium. L’idea è insomma che da qualche parte potrebbe esistere un’entità con un’intelligenza di molto superiore alla nostra: “Credo che la probabilità sia molto elevata” ha spiegato l’astrofisico. Ora c’è chi indaga