“Il tradimento” di Federico Rampini ed. Mondadori
L’ultima fatica di Federico Rampini, “Il tradimento”, s’incunea di forza nel dibattito sempre più acceso sui vantaggi e svantaggi della globalizzazione e sulle soluzioni per renderla comunque meno selvaggia e più giusta. Dopo la Brexit e la vittoria di Donald Trump le persone più attente verso un pensiero progressista, aperto al mondo, si domandano sempre più spesso dove si è sbagliato. Perché si affermano nel mondo occidentale tensioni che spingono a proporre muri, barriere doganali e porte sempre più piccole verso tutto ciò che è diverso, straniero, migrante? Rampini alza il dito contro le classi dirigenti, quelle del pensiero politically correct sempre e comunque, “il tradimento delle élite è avvenuto quando abbiamo creduto al mantra della globalizzazione, abbiamo teorizzato e propagandato i benefici delle frontiere aperte: e questi per la maggior parte non si sono realizzati”. E si chiede: dove abbiamo sbagliato? La globalizzazione doveva renderci tutti un po’ più ricchi, stando alle promesse iniziali: che cosa non ha funzionato?
Il libro va dall’immigrazione dai paese arabi e crescita della jihad in una dialettica fra integrazione riuscita o mancata – ricordando che ci sono comunità che mantengono degli universi di valori separati dai nostri e tuttavia in quei mondi non ha mai attecchito un’ideologia stragista, che invece prende campo dalla propaganda contro l’occidente, con il rifiuto dello Stato laico, della libertà di espressione, dell’emancipazione femminile – e regole per integrare gli stranieri. Per poi spaziare sui temi della crisi economica con la grande rottura storica di un mondo rovesciato dove, oltre al progressivo impoverimento della classe media, per la prima volta troviamo i figli più poveri dei genitori. Cambiare strada è urgente. Ma siamo ancora in tempo per inaugurare una globalizzazione diversa, un’economia di mercato con esiti meno ingiusti? Nel cercare risposte, la riflessione di Rampini spazia su diversi scenari, entrando nel merito delle scelte pubbliche che fino oggi hanno determinato debolmente gli equilibri internazionali e quelle che potrebbero (dovrebbero), invece ridare speranza di giustizia alle diverse comunità. Nel far ciò, sviluppa approcci culturali e politici innovativi che, sotto molti punti di vista, risultano utili anche a quel mondo della sinistra che, spesso, impotente, guarda ancora con nostalgia al Novecento.