C’è un’altra emergenza in Italia non solo quella del Covid e delle conseguenti difficoltà economiche, ma anche quella dei nostri giovani e se ne parla troppo poco. La pandemia ha indubbiamente aggravato una realtà giovanile già difficile. La limitazione alle relazioni sociali per le chiusure, ha impedito ai ragazzi di incontrare per un lungo periodo e successivamente a singhiozzo amici, compagni di scuola e di sport. Tutto ciò ha comportato delle problematiche che talvolta sono sfociate in situazioni psicopatologiche anche gravi. Secondo il Centro studi del Telefono Azzurro nel periodo tra il 15 febbraio 2020 e il 14 febbraio 2021, vi è stato un aumento dei casi del 10 per cento rispetto al periodo precedente. A detta degli esperti vi è un rischio per la salute mentale dei giovani che probabilmente si prolungheranno nel tempo.
La situazione si è aggravata anche per le difficoltà di accedere ai servizi sul territorio spesso chiusi o con orari ridotti causa pandemia. Poi la chiusura delle scuole, la parziale apertura, il chiudi e apri ha tolto ai ragazzi degli elementi di riferimento in un periodo della vita più fragile e problematico per un individuo.
La relazione tra i ragazzi così importante per lo sviluppo psicologico e la formazione di una identità, è stata compromessa anche per la perdita di figure adulte che esulano dai rapporti famigliari quali gli insegnanti e il personale scolastico nelle sue diverse figure. In particolare l’interfacciarsi con i docenti è per gli adolescenti elemento di confronto non solo meramente didattico ma anche per esprimere i propri dubbi, difficoltà, problematiche esistenziali.
Il disagio giovanile che viene da più parti segnalato non appare così considerato come si dovrebbe dalle istituzioni, pare che i nostri giovani siano abbandonati a se stessi anche se qualcosa sembra muoversi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Anche nel dibattito politico non sembra emergere questo tema, schiacciato dai temi sanitari ed economici. Eppure ci sono dati allarmanti che parlano di un 20 per cento di adolescenti con problemi psichiatrici e vi è un aumento dal 20 al 30 per cento di minori ricoverati in psichiatria. La mancanza delle attività sportive è stato un ulteriore colpo alla possibilità di relazioni accanto alle difficoltà incontrate dai genitori per la mancanza di lavoro. Che fare dunque?
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, prevede investimenti sui giovani in particolare nei progetti relativi alla ricerca e istruzione, nei percorsi che verranno intrapresi per svecchiare la Pubblica amministrazione e nel potenziamento del Servizio civile universale.
Pensiamo, comunque, che sia la scuola a dover esercitare un ruolo fondamentale nel porre un freno alle difficoltà dei giovani. Anche qui il PNRR potrebbe svolgere un ruolo significativo laddove si parla di uno stanziamento di fondi per l’estensione del tempo pieno scolastico e il potenziamento delle infrastrutture sportive. Il tempo trascorso a scuola dai ragazzi è sempre speso bene, perché al di là dell’aspetto didattico, comunque fondamentale per acquisire competenze, esistono tutti quei piani di socializzazione e relazione, importanti per la crescita identitaria, quale è il vivere per alcune ore del loro tempo con i compagni di classe della stessa età e condividere le stesse sensazioni, esperienze ed emozioni. Ecco allora che la permanenza a scuola anche al di fuori delle ore canoniche della mattina diventa una grande opportunità.
In tal senso il “Piano scuola estate 2021”. Un ponte per il “nuovo inizio” del Ministero della Pubblica Istruzione, va in questa direzione. I ragazzi, su base volontaria, sono coinvolti in attività educative dalla chiusura della scuola a giugno, fino all’inizio del nuovo anno scolastico a settembre. La scuola viene invitata così ad “azioni personalizzate di contrasto alle vecchie e nuove povertà educative così come alle pregresse e sopraggiunte fragilità”. Vengono perciò fornite risorse finanziarie per “rafforzare e potenziare le competenze disciplinari e relazionali degli studenti . . . per restituire agli studenti quello che più è mancato in questo periodo: lo studio di gruppo, il lavoro di comunità, le uscite sul territorio, lo sport”.
Il tutto impostato con attività di laboratorio (musica d’insieme, sport, educazione alla cittadinanza e all’ambiente, utilizzo delle tecnologie). Tutto ciò nell’ottica non tanto di un semplice recupero didattico, ma in quello del recupero della relazione e della cooperazione rendendo i ragazzi partecipi della progettazione.
E’ un primo passo per una scuola aperta tutto l’anno, periodo estivo compreso, e nella prospettiva di un superamento di una scuola solo del mattino.
La scuola dovrà diventare un polo civico dove tutti i cittadini possono dare il loro contributo in base alle loro competenze. Quindi una scuola non solo aperta la mattina e talvolta qualche pomeriggio per le attività curricolari tradizionali ma anche tutti i pomeriggi e possibilmente la sera, in modo tale che possa esercitare un ruolo di aggregazione civile, offrendo l’occasione ai cittadini (genitori, nonni, volontari ) di partecipare democraticamente alla sua gestione. Ciò non significa sottrarle il suo prezioso ruolo educativo istituzionale, ma allargare l’offerta formativa coinvolgendo i cittadini, senza sovrapposizioni, nella gestione democratica di un bene comune quale la scuola è. Si viene incontro così alle necessità della cittadinanza, in particolare a favore della parte più debole, che troverebbe nell’offerta ampliata della scuola, occasioni educative per i propri ragazzi, al di fuori dei circuiti privatistici di formazione spesso assai costosi.
“Le scuole aperte” hanno lo scopo di riportare la scuola al centro della comunità rendendola non solo luogo di istruzione formale, ma anche polo di aggregazione sociale e di democrazia partecipativa.
Stefano Balestri